Alberto Patrucco

Chi conosce questo comico anticonformista, sa come si presenta in palcoscenico: semplicemente con la sua faccia e la sua verve. Classe 1957, abito di scena scuro, in omaggio alla scuola minimalista che imponeva massima attenzione alle mani e al volto.

Voce profonda, almeno quanto i temi che affronta con apparente leggerezza, rifugge ai travestimenti e ai lazzi pseudoclauneschi. Non vuole trasmettere messaggi, dice e ripete che non ha niente da insegnare a nessuno e, addirittura, afferma di non sapere di preciso ciò che vuole. E non gliene importa niente. Perché, di sicuro, sa ciò che non vuole.

Non vuole riproporre in teatro direttamente a contatto con il pubblico (come oggi sempre più spesso sembra accadere), i tempi e i modi della televisione. Dove contano i minuti e i secondi e dove gli spettatori, ossia coloro che effettivamente assistono in prima persona alla trasmissione televisiva, perdono la spontaneità, perché da guardatori si sentono guardati.

È Alberto Patrucco, attore comico di prima grandezza, ben noto alle platee italiane per il suo incontenibile eloquio, fondato sull’innata capacità di plasmare il linguaggio e i fatti. Nelle mani di Alberto Patrucco, le parole si trasformano in clava o fioretto, secondo le esigenze del monologo. Niente travestimenti e non sense, nulla di demenziale o farsesco. La comicità di Patrucco attinge e si alimenta dall’infinito serbatoio della realtà. Gli accadimenti sono quindi modificati e restituiti al pubblico privi di qualsiasi indulgenza all’imparzialità.

Con una sua personalissima strategia discorsiva, Patrucco, tratta un argomento, lo rivolta, creando vivissima attesa, per giungere, con arguzia e irresistibile comicità, ad inaspettate conclusioni.

Se il mondo del cabaret, di questi tempi, declina inesorabilmente, da un lato verso la macchietta e la parodia, dall’altro verso uno stile che si avvicina di molto al comizio, Patrucco si allontana da tutto questo.

Niente gag di basso cabotaggio o profetiche verità. Nei testi che scrive e recita anche in televisione, c’è sempre il filo di un ragionamento che, dopo e al di là dell’effetto comico, fa meditare. Alberto Patrucco, come pubblico e critica testimoniano, è oggi uno degli attori comici più completi e rappresentativi del nostro cabaret. Ciò che offre è un’angolazione, un punto di vista, un’intuizione. Il pubblico, potrà farne ciò che vuole.

VEDO BUIO!

I più fedeli estimatori di Alberto Patrucco, ricorderanno questo titolo in libreria, oltre che come incipit delle sue performance televisive. Ma “VEDO BUIO!” è, prima di tutto, spettacolo dal vivo. Una panoramica al vetriolo sui tempi che stiamo vivendo, intrisa di comicità vera, sostanza ed argomenti.

Liberato dagli orpelli del quotidiano, lo spettacolo assume tutta un’altra angolazione Attinge dalla cronaca, ma si alimenta anche di più ampi scenari storici. E sullo sfondo, le tante vicende che segnano il nostro attuale stile di vita.

Tra l’altro:

  • la politica (si pensava che dalla Prima alla Seconda Repubblica le cose sarebbero migliorate, invece stiamo rinculando: siamo passati dalla Prima alla Seconda ma deve essere entrata la retro);
  • la televisione (molta gente è convinta di essere in regola con il canone perché già paga la tassa dei rifiuti), le banche (ci si attende la rapina da fuori, invece te la fanno da dentro, con la sola differenza che ti sorridono e non indossano il passamontagna);
  • l’economia (so come investire i miei risparmi: il titolo con la percentuale migliore è l’inflazione);
  • (…).

In Vedo Buio!, Alberto Patrucco non risparmia nessuno e nemmeno se stesso. Così, tanto per tornare a ridere… sul serio.

SEGNI (E) PARTICOLARI

Alberto Patrucco e Andrea Miro’, con la complicità di tre musicisti, presentano il frutto di un appassionante lavoro durato quasi due anni. Un recital coinvolgente e graffiante privo di retorica e tormentoni, nel quale ironia, musica e riflessione, per una volta, sono padrone di casa insieme alle parole e alle melodie di Georges Brassens, il più raffinato cantautore francese del secolo scorso, un artista unico, dotato di genialità senza eguali.

Un incontro tra canzone d’autore e comicità, tra satira parlata e satira cantata, senza che una dimensione prevarichi l’altra, sul filo di emozioni da anni dimenticate che si colorisce qua e là di suoni e poesia.

Niente celebrazioni brassensiane, bensì l’idea di unire, seppure in epoche storiche diverse, sensibilità tanto affini; punti di vista che coesistono in perfetta armonia, proprio grazie al tessuto connettivo della musica.

Uno spettacolo particolare che, neanche a dirlo, lascia il segno.

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